comico charlie chaplin

L’epoca d’oro del cinema comico

Tratto dalle memorie private del proiezionista John O’Neill

L’ultima volta che vidi Dublino fu sul ponte di una nave. Restai a guardarla a lungo mentre spariva in lontananza svanendo tra le nuvole. La “Grande Guerra” era appena iniziata ed io non avevo alcuna intenzione di combattere per un governo che ci trattava come servi. Avevo diciannove anni ed ero un nazionalista convinto, sognavo un’Irlanda libera dal dominio inglese e preferivo disertare ed essere considerato un criminale, piuttosto che morire per Sua Maestà. Non fu facile emigrare, ma non avevo scelta.

Al di là dell’oceano, speravo di trovare una vita migliore. Mio zio Angus, il fratello di mia madre, abitava a Boston già da qualche anno e si era integrato senza problemi riuscendo anche a sposarsi, perché la comunità irlandese presente in città era molto numerosa.

Lavorava come proiezionista in un cinema di North End e s’impegnò con grande affetto per farmi assumere dal proprietario come addetto alle pulizie. Dopo le prime settimane, Zio Angus notò la curiosità che avevo per il suo mestiere, e così, abbandonai scope e stracci e cominciai ad aiutarlo con le pellicole. I film che amavo di più erano quelli comici, perché dopo aver abbandonato la mia terra e aver perso i legami con tante persone care, desideravo ridere e allontanare il dolore.

Per indicare quelle pellicole si usava il termine slapstick comedy, poiché la maggior parte dei comici possedeva un bastone da passeggio che era utilizzato per colpire altri attori e creare divertenti gag. Erano film molto brevi e intrattenevano il pubblico prima e dopo la pellicola principale. Quando anche le commedie raggiunsero la lunghezza dei lungometraggi, ricordo che Mr. Sullivan, il proprietario del cinema, era molto diffidente e riteneva che il pubblico si sarebbe annoiato. Tanti la pensavano così, ma presto iniziarono a ricredersi, perché quelle pellicole ebbero grande successo.

Mr. Sullivan leggeva diversi giornali e riviste e spesso mi raccontava aneddoti e curiosità sui comici che ammiravo. La maggior parte degli attori di slapstick comedy aveva un passato teatrale legato al music hall inglese o al vaudeville americano che forniva loro un bagaglio di esperienze molto completo. Per raggiungere il successo, oltre ad inventare gag esilaranti, cercavano di creare un personaggio riconoscibile, con delle caratteristiche sempre uguali a se stesse: il vagabondo di Chaplin, il volto sempre serio di Buster Keaton, l’ingenuità infantile e dolce di Stan Laurel e Oliver Hardy. Fu con le pellicole di Mack Sennet, un attore e regista che aveva cominciato alla Biograph come aiutante di Griffith e aveva appreso dal grande maestro tutti i trucchi del cinema, che la slapstick comedy americana divenne un genere amato in tutto il mondo.

Nel 1913 Sennet, ispirandosi alle commedie francesi della Pathè con Max Linder e Andre’ Deed, i due comici più importanti dei primi anni del 900′, fondò la Keystone Film Company e cominciò a produrre pellicole ancora più folli e divertenti. Il mondo creato da Sennet e dalla sua abilità di regista e montatore, permetteva situazioni surreali e fumettistiche come la possibilità da parte degli attori di volare, correre più veloci di un treno e far cadere auto della polizia da alte scogliere senza che vi fossero effetti sull’incolumità dei personaggi.

Nei film girati e prodotti da Sennet, le gag usate dal genere slapstick, scivolare su una buccia di banana, lanciarsi torte in faccia, subire un lungo inseguimento da parte di poliziotti imbranati, s’inserivano in una caricatura dissacrante che prendeva spunto dalla vita quotidiana e colpiva diversi obiettivi, la rispettabilità della famiglia, il patriottismo, il successo economico, il mondo dei gangster e quello dei divi di Hollywood. Ancora più divertenti delle pellicole di Sennet erano quelle di Buster Keaton, uno dei miei comici preferiti. Il suo soprannome era ‘‘Great Stone Face’ perché il suo viso malinconico non cambiava mai espressione ed era talmente caratteristico del suo personaggio che la MGM, per contratto, aveva vietato all’attore di sorridere in pubblico. Il personaggio che aveva creato, era un onesto lavoratore che si trovava improvvisamente in situazioni difficili o pericolose ed era costretto a superarle usando tutte le sue abilità.

Nel 1924, zio Angus, ormai anziano, andò in pensione, ed io presi il suo posto nel cinema di Mr. Sullivan. Il primo film che proiettai fu proprio un film di Keaton, Sherlock Jr, la storia di un proiezionista di cinema accusato ingiustamente del furto di un orologio che dopo essersi addormentato, sognava di risolvere il caso e scagionarsi. Il film era pieno di effetti speciali e onirici e mi colpì molto perché m’immedesimavo in quel ragazzo solitario e perbene, che lavorava come proiezionista. Ciò che mi piaceva del mio mestiere era rendere le immagini impresse sulle pellicole, qualcosa di vivo e reale. Mi sentivo anch’io parte della magia del cinema, perché senza la luce di un proiettore, quella magia non poteva avverarsi.

Un altro film che apprezzai fu Il cameraman, vero capolavoro di atletica, mimica e rapidità di montaggio che Keaton realizzò con l’aiuto del regista Edward Sedgwick e nel quale raccontò la vita di un cameraman imbranato e allo stesso tempo geniale che riusciva a riprendere eventi incredibili e a perdere le sue riprese in maniera altrettanto incredibile, subendo le critiche dei suoi datori di lavoro costretti poi a ricredersi su di lui e sulle sue abilità, dopo numerose vicissitudini e gag esilaranti. Nel 1927 Hal Roach, produttore, regista e principale rivale di Mack Sennet, formò una delle coppie migliori della storia del cinema, Stan Laurel e Oliver Hardy.

Il personaggio di Stanley, magrolino e insicuro, e quello di Oliver, paffuto e apparentemente più furbo del compare, rappresentavano le maschere di uomini umili che cercavano di conformarsi a un mondo borghese, comportandosi con deferenza verso le autorità o le loro mogli e curando il loro abbigliamento con grande attenzione. La loro ingenuità provocava sempre il crollo di ogni aspirazione, ma era proprio nei momenti più difficili che i due personaggi mostravano le loro gag più divertenti, lo sguardo verso la cinepresa, che li portava a cercare complicità e affetto da parte del pubblico e il pianto infantile di Stanley quando veniva rimproverato da Oliver.

A differenza di Keaton che vide la sua carriera declinare con l’avvento del sonoro, Stan Laurel e Oliver Hardy furono tra i pochissimi che riuscirono ad ottenere grande successo anche con il cinema sonoro. Piano…forte del 1932, resta una delle perle del loro cinema, con i due attori impegnati a portare un pianoforte su una lunga e ripida scalinata e destinati inevitabilmente a fallire. Tra i tanti comici che amavo, il più talentuoso e profondo era Charlie Chaplin.

Il personaggio che inventò, Charlot, ispirato alla difficile infanzia che l’attore aveva vissuto in povertà per le strade di Londra, era un vagabondo gentile, buffo ed emarginato in cui si riconosceva tanta gente.

Fin dagli esordi, Chaplin ebbe una grande fama e mostrò un’attenzione particolare per i temi sociali. Film come Charlot Soldato e L’emigrante criticavano apertamente la guerra e il modo duro in cui erano trattate le persone che arrivavano in America in cerca di fortuna. Tutte le volte che vedevo L’emigrante ripensavo al lungo viaggio che avevo affrontato per arrivare negli Stati Uniti e immaginavo anch’io di poter dare un calcio nel sedere a un agente dell’immigrazione, come faceva Charlot in quel film. Nel 1919, assieme a Star di Hollywood come Pickford, Fairbanks e Griffith, Chaplin fondò la United Artists raggiugendo una libertà e un autonomia creativa che gli permisero di creare capolavori come Il monello, nel quale raccontava la storia malinconica di un bambino abbandonato e povero, di cui Charlot si prendeva cura con amore.

La febbre dell’oro, dove il vagabondo, come tanti pionieri americani, sfidava una natura ostile e mille sofferenze, pur di trovare ricchezze improvvise e capaci di sistemarlo per sempre. Luci della città, che raccontava in maniera delicata e poetica la storia d’amore tra il vagabondo e una ragazza cieca, e il controverso Tempi moderni, una critica profonda del mondo industriale. In tutti questi film, tra scene buffe e tragiche, Chaplin riuscì a emozionare il pubblico e a proporre un punto di vista critico sulla società americana e le sue contraddizioni. Quando nel 1940 realizzò Il grande dittatore, una satira grottesca e drammatica che attaccava in maniera diretta Hitler e la sua follia, il suo cinema divenne ancor più politico e tanti cominciarono a preoccuparsi della libertà di quell’artista scomodo e di successo.

Luci della ribalta, interpretato in compagnia del suo ex rivale Buster Keaton e ambientato nel mondo teatrale londinese nel quale Chaplin era cresciuto, proponeva un’amara riflessione sul mondo dello spettacolo e divenne il suo ultimo film prodotto a Hollywood. Nel 1952, in pieno Maccartismo, l’accusa di avere simpatie comuniste gli provocò l’espulsione dagli Stati Uniti.

Fui molto triste quando lo seppi. Chaplin era l’unico inglese che un irlandese come me poteva ammirare. Un vero genio, senza patria né confini. Ancora oggi, riesco a ridere a ogni gesto o smorfia di quei grandi attori comici che hanno regalato sorrisi al mondo. Lavorando come proiezionista ho potuto vedere i loro film milioni di volte. Sono stati amici fedeli nei giorni tristi e solitari, in cui cercavo di ambientarmi, in una terra lontana dalla mia amata Irlanda