film intelligenza artificiale

A.I.: Intelligenza Artificiale

Seduti, davanti a uno schermo, ai margini del futuro Giorgio Razzano In un’estate che si prospetta molto calda, vale la pena rivedere “A.I. Intelligenza artificiale“, ora in noleggio e in vendita in videocassetta e in formato DVD. La storia è una favola ma per certi aspetti è di un’attualità sconcertante.

È ambientata in un futuro ipotetico ma, a guardarla con attenzione, non si può fare a meno di pensare che c’è un rapporto molto stretto con la nostra realtà. La terra è sconvolta dagli eccessi di temperatura, il clima è cambiato, il caldo diventa sempre più opprimente, si vive in maniera confortevole solo grazie ad una tecnologia super sviluppata. È qui che comincia la storia di Davide (Haley Joel Osmet), un bambino robot, creato per essere adottato temporaneamente da una famiglia che ha un figlio in coma irreversibile.

Quando il vero bambino tornerà alla normalità, Davide sarà abbandonato in una foresta, nella quale altri robot che hanno fatto la sua stessa fine sono ora perseguitati dagli uomini-cacciatori. Il piccolo automa, accompagnato dall’orsacchiotto parlante e dal robot meccanico Lucignolo/gigolò, dovrà trovare la sua Fata Turchina per essere trasformato in un bambino umano. Spettacolare nell’uso degli effetti speciali, bellissimo nelle scenografie e nella colonna sonora, la storia commovente – che prende spunto dal “Pinocchio” di Collodi – fu messa in lavorazione per il cinema dal grande regista Stanley Kubrick già nel 1969. Poco prima di morire Kubrick, dopo una breve collaborazione con Steven Spielberg, decise di affidare definitivamente la realizzazione del film al regista americano, che era tornato alla sceneggiatura di “A.I.” dopo aver realizzato “Incontri ravvicinati del terzo tipo” nel 1977. Questo film è semplicemente geniale.

Solo due geni come Kubrick e Spielberg potevano mettere in scena una storia così incredibile. Il racconto di Collodi, grazie alla sua trama sempre attuale, è immancabilmente presente ma tutta l’attenzione è riversata sul mondo dei robot. Già nel passato, sin dagli anni ’20, il cinema aveva dato vita a pellicole con protagonisti dei robot, mostrando al pubblico che l’uomo poteva creare esseri meccanici capaci di agevolare il nostro vivere quotidiano; aveva reso simpatici, ma non sempre efficienti questi automi in quanto l’uomo ne aveva sempre il controllo principale.

Ora, con questo film, tutto è cambiato. “A.I.” è pervaso da un sentimento malinconico e infantile, come fu per “E. T.”, ma vi è anche un’analisi di come il nostro mondo potrebbe diventare fra qualche decennio: la terra surriscaldata per un eccessivo e incontrollato inquinamento ambientale, la possibilità non più tanto remota di convivere con dei robot da noi stessi creati e, soprattutto, una vita fatta di egoismi, desideri irraggiungibili, situazioni famigliari ridicole.

La totale mancanza di valori etici porta la società a spingersi oltre ogni limite: il caso umano difficilissimo del volere un figlio a tutti i costi si risolve nell’accontentarsi di un bimbo meccanico, che non si esiterà poi a distruggere, quando non servirà più, cancellando tutto l’affetto riversato nella convivenza. La domanda è: “Se le macchine possono calcolare, esse possono anche ragionare e quindi provare dei sentimenti?”.

Si può capovolgere la domanda e dire che, se inserite nel nostro ambiente – come lo sono i computer -, esse diventano per noi insostituibili, e se proprio non siamo in grado di vivere senza di esse, siamo noi a diventare loro schiavi. La fantascienza certamente esagera ma alcune storie, con la loro vena di horror, cinismo, violenza e cattiveria che le permea, inducono a far riflettere sul modo in cui la nostra società sta lentamente ma sorprendentemente cambiando. Clonazione, eutanasia, pena di morte, automi, computer ed altre diavolerie tecnologiche si stanno rapidamente diffondendo nella nostra cultura fino ad essere accettate come leggi e, quindi, norme di vita a cui tutti possono (e debbono) uniformarsi. Un film come “A.I.” ha il merito, se non altro, di farci riflettere.